Costruito sulla base di un lavoro della scrittrice francese Chantal Thomas attorno a un’improbabile partita di calcio – terreno di “gioco” e di “danza” – Boys don’t cry, creazione 2018 di Hervé Koubi per sette dei suoi quattordici danzatori, è una riflessione sulla costruzione dell’identità in una società “chiusa”, attraverso momenti di testo parlato combinati allo stile caratteristico della compagnia, tra hip-hop e fluidità contemporanea.
Cosa significa scegliere di diventare ballerino quando sei un ragazzo, specialmente quando provieni da Paesi dove la differenza di genere pesa ancora tanto sui destini individuali.
Il lavoro gioca sul cliché del giovane uomo che preferisce la danza agli sport tipicamente “maschili” e sulla tensione che questa scelta può causare con la famiglia e con la società. Solo abbracciando la gioia trascendente della danza, questo gruppo di giovani uomini riuscirà ad affrancarsi dalla mascolinità tossica a cui la cultura dominante della società di appartenenza li vorrebbe destinati. Boys don’t cry è uno sguardo, allo stesso tempo serio e giocoso, sul diventare adulti in una società dove la via predestinata non è quasi mai quella desiderata. Ma in senso più ampio lo spettacolo è anche un messaggio sulla libertà di essere se stessi al di là di ogni condizionamento.


 

Led by French-Algerian choreographer Hervé Koubi, Boys Don’t Cry is a full throttle dance exploration of societal gender norms through the contrasting arenas of sports and dance. In collaboration with author Chantal Thomas and musician Stéphane Fromentin, the work plays on the cliche of the male dancer who prefers dance to violent sports and the tension with a boy’s parents this preference may cause. The familial bonds at the conceptual center of the project are tested and shaped by societal expectations of violence. Only by embracing the transcendent joy of dance does this all-male cast find resolution and absolution from toxic masculinity.

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