“Vergogna” trae la propria poetica dai racconti di Anton Cechov (“Nemici”, “L’uomo nell’astuccio”, “Reparto numero 6”, “Nella conca”, “La signora col cagnolino” e altri). La vergogna è uno dei sentimenti primari che deriva dall’appartenenza a una comunità. Nella sua accezione positiva è un regolatore dei rapporti fra individui. La dissuasione sociale ci scoraggia dal praticare comportamenti che la cultura dominante della società a cui apparteniamo considera disdicevoli e dannosi. Ma la cultura dominante, per sua definizione, raramente accetta la fragilità e la debolezza, in una specie di darwinismo radicale in cui la sopravvivenza dei più adatti è di rado la sopravvivenza dei migliori, in cui l’empatia è bandita, in cui la compassione, nel significato latino di cum patire, soffrire con, al posto di, è esclusa dalle virtù sociali.

La compassione è la sesta delle regole per raccontare le storie che Cechov stesso ha redatto. È necessario spostare lo sguardo dall’abitudine, dalla pigrizia, dal pregiudizio, per comprendere atti e avvenimenti nella loro vera complessità, senza correre frettolosamente a un giudizio o a una condanna. Vergognarci di meno aiuterebbe a esporci e a comprenderci di più.