Dedicato all’attore Marc Moon Van Overmeir, questo testo scritto da Jan Fabre ,uno degli artisti più estremi e visionari del nostro tempo, coreografo, regista e scrittore belga, da quarant’anni in prima linea in una ricerca visionaria, non è una storia, non ha un filo narrativo, né personaggi di cui raccontare, è piuttosto un flusso di coscienza, un viaggio e un rincorrersi di riflessioni, sull’essere umano e su un tema della “perdita”.
Per Fabre, la sconfitta è azione, è momento di riscatto che, senza dimenticare mai menzogna e rifiuto, permette di proseguire. È punto di partenza e di arrivo che permette di sbagliare ancora. Come in un gioco di specchi, in una ripetizione continua, sbaglio dunque sono. La sconfitta è una condizione dell’esistenza. E la ripetizione genera l’arte. Come in una poesia ermetica, il monologo di Fabre semina tracce di un discorso impossibile che raggiunge e mette a nudo l’essenza di ogni essere umano. La sconfitta dunque è l’alveolo del riscatto ed esprime la possibilità di un nuovo inizio e prevede in sé i parametri di un’azione rivoluzionaria. La scalata di ogni uomo è verso il cielo per cercare un posto dove riporre il povero cuore. E in questo errare dell’anima forse spunteranno due ali per volare.

 

Note di Regia 
Dopo aver letto questo testo una decina di anni fa ho cercato Jan Fabre e ho studiato con lui un laboratorio della Biennale di Venezia. Sono stata ad Anversa nella sua Factory e penso che Jan Fabre sia un artista da “seguire “sempre” per la carica vitale e il senso profondo della sua arte. In particolare “L’Imperatore della sconfitta” offre una riflessione straordinariamente originale sulla fragilità delle nostre identità e sul valore creativo del fallimento. Di questo testo e di Jan Fabre amo lo slancio verso il mondo con il cuore in mano “fuori dal corpo” e il suo essere sempre sfuggente a qualsiasi definizione .La sfida è quella di cercare di restare “perdenti” per poter ricominciare e di provocare questa perdita con vitalità. In amore e in guerra “vale” qualsiasi cosa. Il teatro è entrambe le cose insieme. Gli attori per Jan Fabre sono “guerrieri della bellezza”. L'effetto che mi fece studiare con Jan Fabre fu più o meno questo. Una grande provocazione - intelligente e profondamente umana. Da quell'incontro nel 2011 è nato il desiderio di viaggiare dentro questo suo testo .L’impresa è complessa ma la domanda che mi fa rimanere curiosa di continuare è sempre la stessa “Perche no ?”. L'Imperatore della sconfitta è l'uomo - l'attore che coglie ogni perdita come possibilità di ricominciare. E tra cadute e barcollamenti, provando e riprovando - all'imperatore della sconfitta - forse alla fine nasceranno due ali tra le spalle. Forse anche solo riuscire ad immaginarle – dice l’Imperatore - sarà parte di un nuovo viaggio.